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Qual è la mia vera voce?

11 Dicembre 2018by amministratore0
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La maggior parte delle persone che si approccia al canto spesso non si pone nemmeno questa domanda. Io stessa quando iniziai a cantare e a studiare canto non mi chiesi se il modo che avevo di cantare fosse davvero il “mio” modo personale, andavo ad istinto (com’è giusto che sia all’inizio). Riascoltando vecchie registrazioni mi rendo conto che, siccome mi piaceva molto il suono “black”, il suono caldo e profondo, tendevo a scurire molto il mio timbro ad imitazione di artisti che mi piaceva ascoltare.

Dopo qualche anno, grazie alla guida di alcuni insegnanti “giusti”, compresi che il mio strumento era completamente diverso e abbandonai quel tipo di esecuzione forzata.

Come si fa quindi a capire qual è il nostro vero suono? Sicuramente le strade per arrivarci non sono sempre le stesse e uguali per tutti.

A me piace pensare e suggerire che cantare, in fondo, non è molto diverso che parlare. Spesso, quando mi arriva un allievo nuovo, ci presentiamo, ci raccontiamo un po’ di cose e parliamo per qualche minuto ma quando arriva il momento di eseguire i primi suoni cantati, l’emissione vocale dell’allievo si trasforma completamente rispetto al suono parlato di qualche minuto prima.

Partire dal nostro suono parlato quindi può essere di grande aiuto e può avere dei vantaggi.

Innanzitutto parlare è una cosa che facciamo da una vita, mentre cantare potremmo non averlo mai fatto o, in ogni caso, per un tempo sicuramente inferiore.

Parlare è il nostro mezzo primario per comunicare le nostre emozioni. Se anche cantando vogliamo trasmetterle a chi ci ascolta, non c’è modo migliore che pensare a come quella frase che stiamo per cantare l’avremmo pronunciata in un discorso.

Parlare è ciò che ci identifica come persone, al telefono veniamo riconosciuti da un amico proprio dal timbro e dal nostro modo di parlare. Lo stesso deve succedere cantando.

Questo metodo potrebbe però non essere sempre efficace.

Per esempio, non tutti hanno un’emissione vocale parlata corretta (e spesso nemmeno lo sanno). Può capitare di avere molta aria nel suono, sentire fatica dopo aver parlato a lungo, diventare afoni dopo una serata in un locale con la musica alta ecc. In tal caso il processo potrebbe invertirsi, utilizzare quindi la tecnica vocale del canto per migliorare l’emissione vocale parlata e quindi anche la qualità della vita del soggetto in questione.

Altre volte il tipo di parlata è molto influenzato dalla regione di provenienza quindi spesso non funzionale al canto. In Piemonte per esempio si tende a parlare molto piano, aprire poco la bocca, tenere il suono molto “indietro”. Diverso sarebbe in altre regioni, soprattutto al sud Italia, dove la parlata è posizionata diversamente e il suono molto più proiettato in avanti.

Inoltre può capitare che la nostra parlata non soddisfi i livelli di volume richiesti per cantare. Anche questo è un fatto culturale. Sicuramente da bambini sapevamo come sostenere la voce e farci sentire, da adulti non è “buona educazione” e quindi lo abbiamo un po’ dimenticato. Le uniche situazioni in cui alziamo la voce sono quelle di pericolo, di rabbia, di paura, quindi spesso sensazioni poco funzionali all’emissione di un suono pulito e sano.

Un tipo di parlata molto efficace per il canto è quella degli anglosassoni, specialmente se il brano che stiamo affrontando è in inglese o addirittura dal repertorio musical. Spesso mi capita proprio di cercare di imitare la parlata americana o inglese per la ricerca di un corretto posizionamento del suono (senza quindi esagerare con un’emissione di suono forzatamente nasale o distorta). Una volta trovata quella posizione parlando, raggiungere certe note cantando potrebbe risultare molto più semplice di quello che pensavamo. Provare per credere.

A tal proposito vi invito a seguire Natalie Weiss, vocai coach americana a cui mi ispiro, che basa tutto il suo metodo su questo concetto.

Quindi essere americani o inglesi e parlare come loro ci aiuterebbe a cantare? Sì, soprattutto se il brano che vogliamo cantare è in inglese. Ma anche applicato al repertorio italiano questo discorso è molto valido, ad esempio, per il cantautorato, dove è necessario comunicare con spontaneità e sincerità. Sempre di più anche nel cosiddetto genere indie sentiamo artisti esprimersi con un cantato molto vicino al loro modo di parlare.

Per concludere, sicuramente la strada non è uguale per tutti e di scientifico non c’è nulla, però dimmi come parli e ti dirò chi sei e come canti.

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